I critici salgono sul ring. E si studiano, si scazzottano, si temono e infine si stringono rispettosamente la mano al suono del gong. L’abile metafora pugilistica che scandisce i vari appuntamenti del ricco programma ben inquadra lo spirito del Festival della Critica Cinematografica, kermesse giunta alla sua nona edizione e oramai giovane certezza nel panorama festivaliero italico. Nella tre giorni alessandrina la “professione ingrata, difficile e poco nota” (per dirla con Truffaut) del critico passa sotto i riflettori e si apre al confronto/scontro con se stessa e i suoi demoni. Un evento cinematografico non fondato (solo) sulla visione ma (soprattutto) sulla discussione, sulle parole e sul dialogo. Cinema parlato, descritto e vivisezionato da quelle stesse firme che siamo soliti leggere sui giornali e sulle riviste on-line.
Sul palco del Teatro Comunale di Alessandria e del Teatro di San Baudolino anche quest’anno si sono avvicendate le prestazioni critiche delle migliori penne nostrane: da Luca Malavasi a Paolo Mereghetti, da Bruno Fornara a Pier Maria Bocchi, da Roy Menarini ad Alberto Pezzotta e Filippo Mazzarella; senza dimenticare Morando
Morandini, memoria storica quanto mai coriacea e battagliera.
L’inevitabile rischio di una deriva autoreferenziale, del cinema che parli di sè incensandosi naturalmente c’è, ben mediata tuttavia dal clima dialogico e ironico che si instaura col pubblico, sempre invitato ad esprimere il proprio parere e da alcuni appuntamenti creati ad hoc, in grado di guardare oltre i confini della Settima Arte (pur partendo da essa). A cominciare dall’intervista a Leonardo Romanelli, critico gastronomico e volto noto del programma tv Chef per un Giorno; proseguendo con lo Shadow Boxing, autoanalisi critica intrisa di ricordi di vita personali che quest’anno ha avuto per protagonisti Bocchi, Pezzotta e Giulia Carluccio; e, dulcis in fundo, concludendo (in ogni senso) con la proiezione de L’Uomo con la Macchina da Presa di Dziga Vertov, impreziosito dall’accompagnamento musicale dal vivo della pianista Silvia Belfiore.
Veri e propri cardini e leit motiv di Ring! fin dai suoi esordi, i match – vibranti botta & risposta tra critici – sono stati anche quest’anno i momenti forse più accesi e discussi, anche grazie alle tematiche affrontate, quanto mai attuali: in modo colto ma non aristocratico si è discusso del futuro (presunto) del 3D, dell’evoluzione/involuzione artistica di Tim Burton e dello stato (comatoso?) della Commedia all’italiana. E nella memoria degli spettatori sono destinati a rimanere anche gli appaganti incontri coi Pesi Massimi Elisabetta Sgarbi (sorella di Vittorio e autrice sperimentale e indipendente) e Michelangelo Frammartino, regista di Le Quattro Volte, unica sorpresa del cinema italiano di questa annata e film che ha incantato la platea di Cannes.
Ma questa manifestazione è anzitutto un concorso. Il festival ospita infatti il Premio Adelio Ferrero (nato ben prima di Ring! e arrivato alla sua 30esima edizione), la ciliegina sulla torta che fa di Alessandria una vera e propria “oasi nel deserto”. Il concorso offre ai giovani interessati alla scrittura la possibilità di partecipare con un saggio o una recensione di argomento cinematografico (ovviamente), di essere selezionati e ospitati per tutta la durata del festival e di vincere 1000 (per il saggio) o 400 euro (per la recensione). Un’occasione imperdibile e di facile accesso, da cogliere al volo superando gli ostacoli della pigrizia e della timidezza.
Ed ecco allora i vincitori del 2010: il saggio “Ideologia e Montaggio: il secolo del Cinematografo secondo Edoardo Sanguineti” di Marco Longo e le recensioni di Giovanni Andrea Caruso sul film Lourdes (primo premio) e di Chiara Zingariello su Le Quattro Volte (secondo premio). Pubblichiamo qua di seguito le due recensioni, in una sorta di piccola esclusiva da condividere solo con la rivista di cinema a tiratura nazionale Cineforum. Buone letture.
Filippo Zoratti