Torino Film Festival 31^ edizione

TFF 2013  Terza (e ultima) Puntata: il trionfo della (meglio) gioventù

di Filippo Zoratti
 

Il palmares finale della 31a edizione del Torino Film Festival parla chiaro: a trionfare sono stati i film legati alla fanciullezza, filtrati attraverso punti di vista legati eppure differenti fra loro. Il vincitore secondo la giuria guidata da Guillermo Arriaga è “Club Sandwich” del messicano Fernando Eimbcke. Un esito forse inatteso, anche se il regista è un aficionado del festival, avendo già presentato all’ombra della Mole nel 2008 il suo primo lungometraggio “Lake Tahoe”. Anche per questo probabilmente la sua opera è da subito rientrata fra le papabili per la vittoria: o quest’anno o mai più, dato che il ferreo regolamento non permette di accedere alla competizione a lavori successivi al secondo. E’ stato facile innamorarsi di “Club Sandwich”, e provare tenerezza per le sue sghembe dinamiche: la storia ci parla di Hector e Paloma, ragazzino 15enne l’uno e mamma single al seguito l’altra, che passano le vacanze in un albergo vicino al mare. Concentrati in un’ora e venti ci sono i giochi, gli scherzi, la complicità e poi d’improvviso la frattura, nel momento dell’incontro con la giovane Jazmin. Tra Jazmin ed Hector scatta l’attrazione, mentre la madre storce il naso e si intromette fra i loro primi maldestri tentativi sentimentali. Mamma Paloma scopre sconvolta che il proprio figlio può provare desiderio sessuale e si mette da parte, soffrendo per il necessario distacco “ombelicale”. Ed è curioso notare come nell’altro grande vincitore di questa annata, il venezuelano “Pelo Malo” accada in un certo qual modo il contrario. La pellicola – che porta a casa due premi, miglior attrice a Samantha Castillo e miglior sceneggiatura – è un desolato dramma sociale ed esistenziale che ribalta un punto di vista consolidato ponendo al centro una vicenda di maternità negata. La giovane madre Marta, vedova e disoccupata, odia suo figlio Junior. Punto. Lo odia perché siamo nella periferia scalcinata di Caracas, terra di isolamento e intolleranza, e la piccola passione del bambino può essere fraintesa: Junior infatti vuole potersi stirare gli scarmigliati capelli e assumere le sembianze di un cantante alla moda, per fare bella figura nella foto di classe. L’amore materno, questione istintuale nel film di Eimbcke, in “Pelo Malo” si fa dovere privo di emozione, che si riflette nel disagio di un’intera nazione terrorizzata, fotografata nel momento dell’ultimo ricovero del leader Hugo Chavez. Anche il premio del pubblico “La mafia uccide solo d’estate” di Pif parte da un contesto personale (la vita del piccolo Arturo) per affrontare una storia “nazionale”, quella della mafia italiana dall’elezione a sindaco di Palermo di Vito Ciancimino in poi. Così, mentre il ragazzo cresce con due ossessioni – l’amore per Flora e l’ammirazione per Giulio Andreotti – il neo regista mescola lo stile di (auto)analisi civile di “Il testimone” con la voglia di scoperchiare con sarcasmo e inedita tenerezza gli scheletri nell’armadio italici. Chi è rimasto fuori? Per chi scrive il francese “La battaglia di Solferino” (nella top ten 2013 dei Cahiers du Cinema), il doc italiano “ Il treno va a Mosca” del duo Ferrone-Manzolini e lo spagnolo “La Plaga”. E un po’ fuori dai giochi è rimasto anche il neo-responsabile Paolo Virzì. A posteriori la sua guida è stata più che in sordina, ben attenta a non inficiare gli equilibri preesistenti. Al di là della ventata di brio portata dall’autore toscano, il TFF è una macchina talmente ben oliata da andare avanti di anno in anno quasi in automatico (merito di Emanuela Martini e dei suoi fidi collaboratori). A chi dirige restano un po’ le briciole, e la forte sensazione è che questa di Virzì sia stata un’annata di passaggio, per traghettarci da Gianni Amelio a… ? Il toto-direttore per la 32a edizione è aperto.

Filippo Zoratti

 
 
 
 

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